Vulcano - Giulia De Marchi
Visitando la Sicilia non ci si può esimere dal visitare a Muntagna. L’Etna, in particolare rispetto agli altri vulcani attivi, rappresenta per me l’incontro tra bianco e nero, Paradiso e Inferno, bellezza e terrore. Solo coloro che hanno almeno una finestra con vista sull’Etna possono davvero comprendere la situazione primordiale in cui sono immersi: oggi sono qui, in questo posto incantevole in cui basta poco, pochissimo per ribaltare tutto, perché la natura lo permette.
Gli abitanti, e ancor di più i visitatori, appaiono piccolissimi; li ho voluti rappresentare così, come fossero delle nullità curiose composte da sensazioni, colori e odori scaturiti da una terra che ribolle dall’interno. In questo mio progetto l’elemento umano è ridotto veramente ad una sagoma, una figura che girovaga. Osservo i visitatori iniziare la loro camminata con la preliminare volontà di compiere un viaggio mistico, per poi finire a discutere tra loro di cose di tutti i giorni. È forse questo che avviene dopo un momento di spiritualità? Ci si cala lentamente nel quotidiano facendo osservazioni sul clima e sul panorama?
Allo stesso modo immagino gli abitanti, gli stessi che hanno almeno una finestra sull’Etna, mentre riflettono su quelle sagome che si aggirano per il vulcano. Li considerano forse un po’ ingenui, mentre camminano pensando a chissà cosa. Ma in fin dei conti non fa differenza se i pensieri in gioco sono profondi, mistici o futili. Importa solo del vulcano con la terra nera e rovente.
“Ci sono dei luoghi che senza dubbio si possono dire di più incantevoli della terra, e se l’Etna di dentro somiglia all’inferno, si può dire a ragione che di fuori somigli al paradiso.
È curioso pensare che questo monte riunisce in sé tutte le bellezze e tutti gli orrori, in una parola quanto di più opposto e dissimile esiste in natura. Qui si può osservare una voragine che un tempo ha eruttato torrenti di fuoco verdeggiare ora delle piante più belle, trasformata da oggetto di terrore in motivo di delizia. Qui si possono cogliere i frutti più squisiti nati su quella che fino a poco fa non era che roccia arida e nera. Qui il suolo è ricoperto di tutti i fiori immaginabili, e noi stessi ci aggiriamo in un mondo di meraviglia e contempliamo questo intrico di dolcezza senza pensare che sotto i nostri piedi c’è l’inferno con tutti i suoi terrori, e che soltanto poche iarde ci separano da laghi di fuoco liquido e di zolfo.”
Brydone, A Tour Through Sicily and Malta: In a Series of Letters to William Beckford
Nata a Treviso nel 1990, si è diplomata presso l’Istituto Tecnico Economico Riccati della sua città natale. Per curiosità si è avvicinata alla fotografia e ha successivamente coltivato questa passione da autodidatta. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste online tra cui Artribune e D Repubblica.