Sleeping Space - Stefania Miravalle
Sono cresciuta a Torino, di fianco ai ponteggi dell’ex stabilimento Westinghouse, posti in attesa per anni di un progetto che potesse essere realmente portato a termine. Nel tempo in cui la mia vita si è trasformata, loro sono sempre rimasti lì.
Nel corso degli anni ho camminato spesso di fianco a quell’impalcatura, fiutando il profumo dei pasti preparati all’interno del sito, ascoltando i dialoghi, a me incomprensibili, dei suoi abitanti, e chiedendomi cosa potesse significare vivere oltre quelle ostruzioni.
Mi sono posta le stesse domande riguardo al sito dell’ex Quartiere Olimpico della città, occupato dai rifugiati tra il 2013 ed il 2019; ma quando ho montato la mia attrezzatura fotografica sotto le arcate dell’ex Moi, non l’ho fatto per documentare l’atto dell’abitare quel luogo, ma la sua ormai forzata inabitabilità.
L’architettura dell’ex Mercato Ortofrutticolo all’ Ingrosso di Torino, progettata da Umberto Cuzzi negli anni 30, è contraddistinta da leggerezza e luminosità; le alte tettoie voltate creano ampi spazi aperti che agevolano il ritrovo e l’aggregazione della collettività. I tamponamenti realizzati dallo studio Camerana and Partners in occasione dell’evento olimpico non hanno penalizzato queste caratteristiche.
Nella loro storia le arcate sono state un luogo di scambio ed interazione tra individui molto distanti, prima in quanto zona mercatale, poi come area di ristorazione durante l’esperienza olimpica, infine come luogo dell’abitare in occasione della successiva occupazione. Persone provenienti da tutto il mondo hanno condiviso esperienze sotto questi archi parabolici; per questa ragione la loro messa in sicurezza del 2019, che ha coinciso in pratica con una sorta di “messa in disservizio”, ha stimolato in me una riflessione riguardo alla potenzialità di quello spazio, a cui al momento è ancora negata espressione.
Nonostante le difficoltà concrete, le ipotesi di rifunzionalizzazione del luogo si susseguono e le arcate col tempo torneranno a svolgere il loro ruolo per la comunità. Rimane comunque attiva la riflessione riguardo a quanto ingente sia la perdita di opportunità che la città affronta quando il suo spazio “viene messo a dormire”.
Stefania Miravalle è una fotografa originaria di Torino. Cresciuta in un nucleo familiare che si occupa di edilizia, impara ben presto a sentirsi a casa nei cantieri e a sviluppare una personale conoscenza dello spazio. La fotografia diventa per lei uno strumento di espressione artistica in giovane età, ma quando vi ritorna dopo gli studi universitari, per la formazione professionale come fotografa al CFP Bauer, il suo interesse vira con naturalezza verso l’architettura. Trasferitasi a Londra nel 2019, lavora tra Italia e Regno Unito, si occupa di architettura e design d’interni. Nella sua ricerca personale porta avanti una riflessione sul tessuto urbano e la valenza dei suoi elementi.