Shelters - Federico Villa
Natura e cultura
Con un testo di PLUS ULTRA Studio
La ricerca progettuale di Federico Villa si riallaccia al camminare come strumento di ricerca, di interrogazione dello spazio, con una tensione verso l’ambito naturale e il suo confine con lo spazio antropizzato. Il suo interesse è proprio in quella zona di intersezione tra naturale e artificiale, nelle sue molteplici configurazioni. Le dieci immagini selezionate fanno parte di un progetto di ricerca più ampio, iniziato nel 2016, che indaga gli insediamenti umani nei territori che sfumano dall’ambiente urbano all’ambiente rurale. Nello specifico raccontano di un archetipo che ci riporta al bisogno primigenio di ripararsi e di creare un luogo: architetture vernacolari e spesso temporanee che ci portano a riflettere sui bisogni primigeni dell’uomo – cibo, riparo, sonno, calore.
Nel suo saggio recente La natura sottomessa, Philipp Blom sottolinea la contrapposizione e inscindibilità del concetto di natura e cultura: «La natura è una dimensione primordiale e procede da se stessa; la cultura è opera dell’uomo, un suo prodotto». L’essere umano è da sempre sospeso tra natura e cultura, tra naturale e artificiale.
Il mito della capanna primigenia è necessariamente associato alla trattatistica dell’Illuminismo e in particolare all’immagine presentata da Marc-Antoine Laugier nel suo Essai sur L’Architecture, che rende visibile l’idea di Vitruvio sulla nascita dell’architettura. Per Laugier la capanna è proprio la rappresentazione del connubio tra natura e ragione, tra natura e cultura del costruire, fondamento primo di qualsiasi azione progettuale legata all’abitare, e prima ancora all’esigenza primordiale del ripararsi.
Le fotografie di Federico Villa si spingono ad indagare la complessità di questo connubio e la sua origine, ancora prima della capanna primigenia stessa; allo stesso tempo alcune di esse riportano alla mente le sculture di Giuliano Mauri o le riflessioni di Henry David Thoreau.
Questi manufatti – rifugi, ma anche possibili sepolture o micro-architetture effimere – individuano momenti di pausa dall’azione del muoversi nello spazio. Camminare è un’azione lenta che definisce, in base alla propria attitudine, un limite spaziale e un arco temporale necessario per spostarsi da un luogo all’altro, diventando così un atto che modifica l’ambiente stesso, ne definisce i flussi e diviene un riferimento nel tempo.
Modificare lo spazio (costruire) non rappresenta tuttavia “un’aggiunta” di una struttura bensì, in primo luogo, la sottrazione di una porzione incontaminata di natura dal suo insieme. La responsabilità di questo gesto diventa quindi fondamentale – sia in ambiente rurale che urbano – e queste architetture temporanee e fragili – che spesso la natura riassorbe nell’arco di poche stagioni, possono diventare uno stimolo progettuale nel complesso momento antropico in cui viviamo.
Federico Villa (Como, 1983) è laureato in Disegno Industriale al Politecnico di Milano. Dal 2010 come fotografo lavora con aziende di design e con importanti studi di architettura. Parallelamente focalizza la sua ricerca sull’osservazione critica della relazione tra naturale e artificiale.