Sentinelle solitarie - Sofia Podestà
Le case cantoniere
Il 13 aprile del 1830 il Regio Decreto del Re di Sardegna Carlo Felice, istituisce la figura del cantoniere. Il suo compito era di controllare e fare la manutenzione del cantone, ovvero un tratto di strada di 4-5km, di cui era il responsabile e in cui doveva risiedere. Costruite principalmente in due fasi, la prima nella seconda metà del XIX secolo e la seconda in epoca fascista, nel 1938 si arrivò a censire 1365 case cantoniere, lungo tutte le strade statali italiane. Oggi la maggior parte non è più in uso oppure sono diventate di proprietà privata, ma se ne contano ancora 1244 di proprietà dell’Anas.
Riconoscibili immediatamente dal colore rosso pompeiano, le case cantoniere affascinano per la loro distribuzione capillare in tutta Italia, anche nei luoghi più remoti. A partire dal 1981 esse hanno iniziato ad essere dismesse per l’abolizione della figura del cantoniere e per il declassamento di numerose strade statali.
Le caratteristiche formali ripetute (il colore delle mura, delle finestre e del marcapiano) dovevano essere un segno riconoscibile, perché segnalavano un edificio con funzione pubblica, identica da nord a sud e nelle isole. Tuttavia, ciò che rende affascinanti queste ormai malinconiche casette rosse sono le piccole variazioni impercettibili delle strutture. Nella loro costruzione venivano conservate le tradizioni locali sia nei materiali che negli accenni di decorazione, per esempio: in Alto Adige i poggioli di legno coperti, nel centroitalia le influenze del barocchetto romano con archetti bianchi.
Queste sentinelle solitarie sono un segno unico del paesaggio italiano: cadenzano strade e luoghi e negli anni sono diventati punti di riferimento visivi, topografici e, per me, anche affettivi. Sergio Contu riprendendo il saggio di Eugenio Turri, definisce le case cantoniere come un iconema del paesaggio italiano: la loro dislocazione precisa nel paesaggio le rende punti di riferimento che accompagnano un determinato percorso, segnando i riferimenti chilometrici sulle facciate laterali e autodefinendosi attraverso le tipiche targhe bianche con le scritte nere, poste sul fronte.
La loro silenziosa presenza riporta alla mente accenni di una storia quasi dimenticata e che, per mia sorpresa, non tutti conoscono: forse perchè date per scontate come uno dei tanti relitti del paesaggio, nel loro intonaco che ormai non è più rosso.
Il progetto fotografico nasce nel 2018 e si propone come una utopica catalogazione delle case cantoniere, al fine di raccontarne la storia e creare una mappatura, ma anche per una curiosità di esaltare le diverse tipologie di strutture, nel paradosso della loro singolare e ambigua ripetitività, che viene riproposta, quando possibile, anche nelle inquadrature.
Raccontare la loro storia attraverso la fotografia è per me un’occasione di collezionare una tipologia ben precisa di edifici storici che rischiano di essere abbattuti dal tempo e dall’incuria, ma anche di riflessione sulla percezione e relazione che si può avere con elementi del paesaggio minimo.
Sofia Podestà, nata a Roma nel 1991, si è laureata in Storia dell’Arte con una tesi sui lavori di Ghirri, Guidi e Fossati. Nel 2019 ha ricevuto il premio Giovani Creativi per essere considerata una dei dodici migliori creativi italiani under 30. Nel 2021 è stata selezionata per partecipare al progetto Itinerari Digitali dell’Istituto Centrale per il Catalogo e Documentazione in collaborazione con il Ministero della Cultura, per una campagna fotografica volta a documentare i beni culturali della Basilicata. Oltre ai progetti personali, lavora come fotografa di architettura e interiors.
Le sue immagini sono una personale collezione di luoghi che vengono rappresentati frontali e centrati, come oggetti di un catalogo, ma con uno sguardo affettivo che lascia intatto lo spirito del luogo, spogliandolo del superfluo.