Santuario di Monte Grisa - Elisa Ceretta e Nicolò Carlon
Il triangolo isoscele, la trascendenza divina e il saluto angelico. La simbologia del Santuario Nazionale a Maria Madre e Regina permea l’architettura in modo così coerente da disorientare il visitatore.
Progettato dell’ing. Antonio Guacci su schizzo dell’arcivescovo di Trieste Antonio Santin, fu completato tra il 1963 e il 1965. Lo stile brutalista dell’edificio è enfatizzato dall’uso spasmodico del cemento armato e da una forma monolitica simile alla lettera M, iniziale della Vergine.
Principio portante della realizzazione è la proiezione verso l’alto dello sguardo: in cima al Monte Grisa, a 330 metri sul livello del mare.
Il triangolo isoscele, modulo base con base e altezza uguali, è presente in ogni dettaglio. Tutto è modellato sulla figura geometrica più riconducibile alla trascendenza di Dio, in un luogo di culto che diventa un’oasi spirituale.
Il Santuario si compone di due chiese sovrapposte. Una chiesa sottostante che con le sua semi-oscurità; e una chiesa soprastante alta e luminosa. Il soffitto alveolare cassettonato sembra un favo d’api, simbolo dell’ape regina che non estingue il nutrimento per le sue api. Un percorso dell’anima grazie alle proporzioni divine, alle stordenti ripetizioni visive, ai giochi di luce. Il grande profilo triangolare del complesso ricorda le vele di una nave. Un viaggio dello spirito tra simbologia e religione, nel quale possiamo perderci nelle ripetizioni architettoniche interrotte dagli scorci infiniti del panorama.