Luci su Roma - Flavia Rossi

Con un testo di Stefano Ciavatta

“Le statue romane rappresentano un esercito silenzioso che ha accompagnato, dalle origini, la storia della nostra città. A loro era attribuita una sorta di potere mistico, di protezione e di rappresentanza del consesso degli dei”.

Lo scriveva il Divo Giulio Andreotti. Nei compendi delle sculture dell’Urbe – perché a Roma tutto si cataloga e non è mai un inventario per buttare via – ci sono quelle a cavallo, in piedi, sedute, ci sono i busti, i monumenti commemorativi e le allegorie: una di questa è il Genio del Fascismo di Italo Griselli, scultore di grande curriculum.
Un giovane in bronzo, alto due metri e mezzo, cinto d’alloro eroico, nudo ma col sesso blindato da una foglia di fico. Si trova all’esterno del Palazzo degli Uffici dell’Ente EUR, l’edificio pilota di quella Esposizione Universale che non si terrà mai. Il saluto romano del Genio è stato strozzato nel dopoguerra dall’aggiunta di guantoni da pugilato antico. Per risolvere definitivamente l’imbarazzo si cambiò anche il sottopancia del basamento: “Genio dello Sport”.

Pur abbagliati dalla monumentalità esibita di Roma, c’è una nota capitolina che non si impara mai: è la solitudine della grande città, in orizzontale nello spazio e in verticale nel tempo. Solitudine della pietra e dell’asfalto che trasporta gli umani, da non confondere con l’ansia del moderno flaneur, un turista a disagio con i resti del grand tour, che vuole rinominare tutto, perché nulla dei significati rimanga in sospeso al suo capriccioso passaggio. L’architettura fascista e le sue decorazioni sono un incubo solo per chi non è nato a Roma o non si è lasciato consumare dalla prosaica vita cittadina.

Il Genio è una statua sola da sempre, un genio rimasto nella sua lampada, un dettaglio innocuo nel fondale assolato dell’Eur, un saluto mai ricambiato da adunate nostalgiche, né un culto nuovo quando la città ha agganciato l’atollo. Custode non richiesto di un parcheggio: anche la solitudine è un prezzo da pagare per stare nell’inventario Roma.

Luci Su Roma nasce da un’idea di Scenario come progetto editoriale in partnership con Zero Magazine. Seguendo un format che unisce scrittura e fotografia, Luci su Roma intende descrivere una mappatura esplorativa dei quartieri della città, ritratti dagli scatti di Flavia Rossi e narrati da alcuni tra i protagonisti della creatività e progettazione contemporanei di Roma: un racconto per immagini della scena urbana contemporanea.

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Flavia Rossi si laurea in Architettura presso La Sapienza di Roma, con una tesi in Estetica del Paesaggio, e in Fotografia – Master in Photography IUAV. Attualmente è coinvolta in 13 fotografi per 13 musei della Direzione Regionale Musei Lombardia e Mufoco. Vince il bando Vitamina G della Regione Lazio con il progetto Fabiter. Ha lavorato con le scuole primarie per la Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma. Nel 2021 è nominata per la Borsa Italian Fellowship dell’American Academy a Roma e nel 2019 per Plat(t)form Fotomuseum Winterthur e Premio Gabriele Basilico. Ha vinto il bando Atlante architettura contemporanea della DGCC del MiC, Mufoco e Triennale, i cui risultati sono stati esposti nella mostra 10 viaggi nell’architettura italiana in Triennale e Palazzo Altemps.

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