La Collina di Torino - Francesco Costantin

Sulla sponda destra del Po la città si fa collina. Sulle pendici oltre il fiume, Torino si dirada in un territorio rarefatto che è innanzitutto una galassia residenziale di case e ville indipendenti. La Collina è uno spazio dell’abitare. Spazio domestico elitario, benestante, edonistico, ozioso in cui l’abitare non è mai una necessità da soddisfare, ma una scelta accuratamente cercata e costruita. Residenze in cui stare tra pochi, coltivare idilli, curare giardini e godere della città che si apre nella piana sottostante. Allo stesso tempo, la natura estesamente privata dei rilievi collinari li configura come uno spazio respingente per chiunque non vi risieda o non vi sia invitato. La Collina è il teatro dell’asfissia dello spazio pubblico. L’impermeabilità alle pratiche collettive diffuse prende forma nel susseguirsi ubiquo di recinzioni, muri e siepi che costringono la maglia viaria veicolare, unico reliquato dell’estensione pubblica. Queste interfacce dure comprimono come pareti la fenomenologia collinare. Laddove i recinti non segnano il confine delle aree private, una vegetazione folta e di riconquista prende il sopravvento. La Collina è il luogo di una alterità ecologica. All’anima graziosa e curata dei giardini residenziali si oppone infatti la natura selvatica e incontrollata delle aree incolte. Qui boschi, ripe e radure danno vita  ad un fecondo ma fragile ecosistema frammentario che concretizza una ricchezza ambientale  altra rispetto alla città. La Collina è uno spazio della complessità.