Ex - Un quartiere - Marco Scataglini
Sono da sempre interessato ai luoghi liminali, di passaggio, incompiuti oppure abbandonati. In queste aree mi sembra di intravedere la possibilità di una migliore convivenza tra Natura e Uomo, o perché la natura invade luoghi che l’uomo abbandona, o perché l’uomo sa collocare nella natura le sue opere senza esagerare; sta di fatto che si tratta di esempi importanti. Ma se i primi sono comuni, i secondi sono abbastanza rari. In fondo dal dopoguerra sono state create realtà urbanistiche dotate di “una logica” solo in occasione di eventi tragici, come i terremoti. Nella Tuscia un esempio chiaro e lampante in questo senso esiste, ed è Tuscania, città dove vivo, abbattuta dal terremoto del 1971 e ricostruita pochi anni dopo sotto la direzione dell’ingegnere del Genio Civile Otello Testaguzza. Nel frattempo però, dove hanno vissuto le persone? Tra il ’73 e il ’75 venne costruito il quartiere GESCAL, progettato con il coordinamento generale degli architetti Sergio Lenci, Sara Rossi ed altri, per ospitare le persone che avevano perso la propria casa. Oggi è gestito dall’Ater, ma tutti lo chiamano ancora “Quartiere Gescal”, i più precisi “Ex-Gescal”: quella particella iniziale latina – ex – mi sembra renda appieno il senso di un luogo sospeso, indeciso tra città e campagna, rururbano, secondo una definizione nata in Francia negli anni ’70, cioè né urbano né rurale ma un po’ entrambe le cose. Anzi ex-rurale e ora quasi urbano. Un Frankeinstein architettonico.