I fatti urbani di Aldo Rossi in mostra al MAXXI di Roma
Testo e fotografie di Giovanni Perrucci
Fino al 14 novembre al MAXXI di Roma sarà possibile compiere un viaggio nel pensiero
progettuale e artistico di Aldo Rossi, figura chiave dell’architettura italiana ed internazionale del XX secolo.
La mostra “Aldo Rossi. L’architetto e le città” indaga il fondamentale contributo teorico che il suo operato ha fornito a generazioni di progettisti e che tuttora si configura come un lascito per la lettura di tematiche urgenti e contemporanee dello spazio urbano.
La mostra è organizzata come un racconto per fasi della vita dell’architetto, dalla formazione milanese ai progetti internazionali degli anni ’80, passando per una sua grande passione, il teatro. Rossi ne ha progettati e riqualificati molti in diverse nazioni (basti ricordare le ricostruzioni del Carlo Felice a Genova e La Fenice a Venezia), ma è “Il teatro del mondo” che subito rapisce l’interesse del visitatore: un teatro temporaneo costruito in legno e tubolari metallici posizionato su una barca in modo da poter galleggiare a Punta della Dogana a Venezia, rievocandone la storia e la precarietà; disegni, modellini e filmati d’epoca ne celebrano il fare gioioso ed evocativo che consacrerà Rossi ed un modo particolare di fare architettura.
La Galleria 2 del Maxxi ben si presta ad ospitare la mostra, grazie alla sua conformazione volumetrica sinuosa e lineare. Porta in grembo le due dimensioni con le quali il curatore Alberto Ferlenga ha voluto mettere a sistema i numerosi materiali provenienti da archivi e collezioni da tutto il mondo: nella spina centrale sono posizionati più di 80 modelli architettonici delle sue opere, realizzate o meno, che si stratificano come in una città lineare, densa di forme razionali e colori primari, temi ricorrenti nel progetto di Rossi. Sulle pareti invece cartigli, schizzi, scritti e fotografie creano quinte sceniche e documentali per le testimonianze tridimensionali.
La mostra prende chiaramente il nome da “L’architettura delle città”, uno dei libri più importanti scritti da Aldo Rossi, che rappresenta l’emancipazione del fatto urbano a promotore e generatore della città stessa. Quella del 1966 è una lettura nuova e atipica dello spazio urbano, è il manifesto del pensiero scientifico e di ricerca di Rossi che egli stesso, nel suo “Quaderno 13” del luglio 1972, sintetizza: “L’architettura consiste principalmente di un raffronto con la città. […] credo che senza una comprensione e un interesse dei problemi
urbani non sia possibile la formazione dell’architettura”. Muovendosi lungo l’asse della mostra come si fosse all’interno della pancia di una balena, si compie un viaggio nelle opere di Rossi: partendo dai suoi trent’anni, quando da giovane professore indagava i caratteri distributivi della casa, si passa alla sua età adulta caratterizzata da un interesse per l’organizzazione e l’articolazione delle città. Infine si arriva alla sua età matura e nei progetti si percepisce come la sua sensibilità artistica gli permetta di empatizzare con luoghi differenti.
Uno spazio espositivo che è possibile in qualche modo vivere e non solo visitare: disegni, progetti, scritti, le fotografie dei luoghi, il forte senso di identità delle architetture e la sequenza di modelli portano il visitatore alla costruzione di una sorta di organismo urbano immaginario, mentale, che lo astrae nel mondo colorato e monumentale di Aldo Rossi.