Portali - Matteo Pinna

Intorno alla metà del ‘700 in Sardegna lo stato sabaudo, nel tentativo di combattere le forti carestie, cerca di diversificare la produzione agricola. Gli ordini religiosi e i ceti dellalta società dedicano grandi appezzamenti di terra a oliveti e agrumeti, situati intorno ai principali centri urbani dellisola. La specializzazione di riflesso coinvolge anche i centri più piccoli.

Successivamente nel 1823 il re di Sardegna Vittorio Emanuele I emanò il provvedimento legislativo noto come lEditto delle chiudende, che consentiva la creazione della proprietà privata. I proprietari terrieri da questo momento potevano recintare i propri appezzamenti di terra e diventarne i padroni assoluti. Di conseguenza ci fu, da parte dei proprietari terrieri, una corsa alla costruzione del portale più bello, come manifestazione della propria ricchezza/potenza.

 

Recentemente sono stati stanziati dei fondi per la loro ristrutturazione, ma fino ad oggi i portali hanno mantenuto un affascinante stato di abbandono che li relega in uno spazio neutro, una sorta di limbo. Ed è proprio in questo limbo che la serie di fotografie vuole inoltrarsi, decontestualizzando il soggetto fotografato con lo scopo di fargli acquisire un nuovo significato. Tra incolte sterpaglie i portali diventano zone quasi surreali, hanno cancelli di ruggine che chiudono terreni che spesso non hanno una recinzione, nessun confine. Architetture che diventano un tuttuno con la vegetazione che delicatamente le ingloba, creando nuove forme ibride. Sono ipnotici, convogliano lo sguardo in una zona dove lo sguardo non va da nessuna parte, vaga ed infine si perde, rimanendo meravigliosamente sospeso.