Calamite - Donato Quagliata
Ho immaginato questo mio progetto fotografico come la prima parte del film diretto da Nanni Moretti “Caro diario”, quando gira Roma in sella alla sua vespa. Alcune inquadrature, oltre a soffermarsi sulle bellezze paesaggistiche del luogo, si rivolgono verso le architetture della città accompagnando le riflessioni del regista.
Mi sono servito di altri mezzi di trasporto facendo delle tappe, delle pause più o meno lunghe davanti a quelle che sono diventante, nel mio viaggio fantasioso, vere e proprio calamite. L’inizio del mio itinerario tra le architetture che più mi hanno attratto e che in qualche modo hanno influenzato la mia formazione parte dalla mia terra d’origine. I protagonisti delle mie prime inquadrature sono stati i tanti viadotti presenti lungo le autostrade della parte interna della Basilicata. Affascinato dalla loro struttura, forma e imponenza, erano per me calamite di ogni viaggio: il viadotto Platano che unisce la Basilicata alla Campania dell’ingegner Silvano Zorzi, uno dei viadotti più alti in Italia, che si eleva dal fondovalle 220 metri; il Viadotto Carpineto, ponte autostradale progettato dall’ingegner Riccardo Morandi che ricorda la struttura del Ponte Morandi a Genova per i suoi tiranti rivestiti in calcestruzzo armato precompresso; il ponte Musmeci, che permette l’accesso alla città di Potenza dall’autostrada sul fiume Basento.
Di questo percorso fanno parte anche tre tappe, che rappresentano il periodo della mia adolescenza, prima di iniziare gli studi di architettura: l’auditorium di Oscar Niemeyer a Ravello in costiera amalfitana; la scala elicoidale nel palazzo Mannajuolo nel quartiere Chiaia a Napoli, di cui ricordo perfettamente lo stupore la prima volta che la vidi; e il Palazzo della Civiltà nel quartiere Eur a Roma. Queste forme hanno fatto nascere in me la voglia di studiare l’architettura.
Il mio viaggio è continuato tra le architetture di Aldo Rossi, figura predominante nei miei primi anni universitari, e di Gino Valle prima di ultimare gli studi. Infine sono stato conquistato dal fascino dell’architettura iberica, dalle figure di Moneo e Siza e in particolar modo dalle architetture del sivigliano Consuegra.
In qualche modo è questo il mio sguardo all’architettura contemporanea: degli episodi di architettura, apparentemente senza un legame logico, che ho incontrato nel mio percorso.