10 Immagini - Karina Castro
Quattordici anni fa ho visto per la prima volta il film Tokyo-GA di Wim Wenders, un documentario dedicato alla capitale Giapponese e al regista Yasujiro Ozu. In quel momento sono rimasta colpita dai primi fotogrammi del racconto, dove il regista esprimeva il desiderio di voler filmare senza provare nulla.
“It felt good just to look out the window.
If only it were possible to film like that, I thought to myself, like when you open your eyes sometimes just to look without wanting to prove anything.”
Wim Wenders
Le parole del regista sottintendono che l’atto del filmare, come quello del fotografare, implichino inevitabilmente che lo sguardo dell’artista sia prima di tutto rivolto alla concezione estetica e alla percezione visiva globale dell’immagine, quindi alla composizione, al taglio, alla scelta del colore, alla luce, alle sfumature.
Focalizzando proprio questo aspetto autoanalitico di Wim Wenders ho potuto riflettere sull’impossibilità di “guardare solo per guardare”, perché l’atto di fotografare rappresenta l’atto di costruire un’immagine, di osservare, di mettere alla prova infine il proprio sguardo.
Anche il musicista – interprete di una struttura musicale – esegue un brano tramite il suo sguardo, elaborando un significato poetico della musica che suona.
Avete mai pensato a quanto la fotografia e la musica siano simili?
Anche il musicista cerca di dare una lettura personale ad una partitura, utilizzando l’idea interpretativa e i mezzi espressivi a sua disposizione, con lo scopo di trasferire la propria idea musicale a chi lo ascolta. La metrica, l’accentuazione del testo, la tensione armonica e dinamica, la forma ritmica del brano corrispondono, nel linguaggio dell’immagine, agli studi del colore, delle luci, delle ombre, della composizione, della narrativa e della considerazione estetica. L’aspetto creativo delle esecuzioni sarà legato alla scrittura del compositore – paragonabile ad un architetto – ma dipenderà anche dal modo in cui il musicista, o il fotografo, ne daranno interpretazione, nel linguaggio musicale o visuale, per approdare a una personale e inedita rappresentazione.
Per Sguardi Contemporanei, ho selezionato dieci immagini tratte dalle collaborazioni con gli architetti Felgendreher Olfs Kochling, BDE Architekten, Miller Maranta, Caesar Zumthor, Messner Architects.
Spero che la scelta di raccogliere questi frammenti presi da progetti diversi – un loft, un centro di manutenzione stradale, un’abitazione, una scuola, un centro tecnologico – abbia come risultato quello di presentare un unico progetto inaspettato, dove le varie immagini si relazionano tra loro attraverso il mio sguardo, nonostante le loro diverse funzioni.
Non pretendo di offrire una definizione universale, ma una lettura puramente visiva: il chiaroscuro, il colore che le immagini assumono, la ripresa che non si allarga a comprendere un totale, la mia considerazione estetica assieme ad un’architettura che parla da sola.
“Guardare solo per guardare” non è possibile, perché l’atto di fotografare è l’atto di presentare lo sguardo del fotografo espresso attraverso la tecnica e la personalità dell’artista.
Karina Castro (portoghese, nata nel 1990) vive e lavora a Milano. La sua ricerca artistica si concentra su questioni socio-politiche al fine di stimolare un dialogo sulle circostanze contemporanee. Nel 2023 espone la sua prima mostra personale presso Park Hub, Park Associati con la serie Human Domination on Earth. Nel 2021 è tra i vincitori della sezione New European Photography curata da Gup e Fresheyes. Tra le mostre collettive in cui ha presentato i suoi lavori: Science and Industry Museum (Manchester), The Royal Geographical Society (Londra), New European Photography talents (Rotterdam). Ha inoltre pubblicato diversi libri, riviste e ricerche artistiche, collaborando con istituzioni, editori, architetti e progetti editoriali come Ancora Milano di Paola Antonelli, senior curator del MoMa, pubblicato da Contrasto libri nel 2024 e Monte Amiata Housing da Divisare.